Brano # 1. [93] Il brano che segue, datato del 13 maggio 1924, dice che la vera adorazione consiste nell’accordo della volontà umana con la divina.
Luisa racconta: Stavo facendo le mie solite preghiere, e mentre tutta mi abbandonavo nelle braccia della Volontà Suprema per fare in Essa le mie adorazioni alla Maestà divina, il mio Gesù mi ha detto:
Gesù a Luisa Piccarreta: «Figlia mia, la vera e perfetta adorazione sta nell’accordo completo dell’unione della Volontà di Dio con l’anima. Quanto più l’anima fa una la sua volontà con quella del Creatore, tanto più è completa e perfetta la sua adorazione. E se la volontà umana non è una colla Divina, e non è disposta a ricevere il bacio dell’unione della Volontà suprema, invece di adorazione può offrirmi indifferenza e freddezza.
Il primo atto di adorazione è quello di riconoscere la Volontà del suo Creatore per compierla. Se questo non c’è, succede allora che con le parole si adora, ma coi fatti si fa il contrario. Dunque l’accordo della volontà umana con la Divina Volontà è il primo anello di congiunzione tra il Creatore e la creatura, e da questo anello scendono in lei, come da dentro un canale, le virtù divine, e producono in essa la vera adorazione, il perfetto amore verso il suo Creatore; ed ogni qualvolta l’anima si eleva per tuffarsi in questa Volontà Eterna, altrettante varietà di bellezza divina acquista. Perciò l’anima che fa la mia Volontà diviene la mia gioia, il mio contento, ed Io, col pennello del mio Volere tra le mani, come si tuffa nel mio Volere, così la ritocco, e le imprimo una sfumatura di più della mia bellezza, del mio amore, della mia santità, e di tutte le mie qualità divine. Sicchè per me è lo stesso stare in Cielo che stare in essa, perchè trovo la medesima adorazione, la mia Volontà, il mio amore.
E siccome alla creatura c’è sempre da poter dare, Io mi atteggio ora da valente pittore, e dipingo in lei la mia immagine, or da maestro, e le insegno le dottrine più alte e sublimi, or da amante appassionato che do e voglio amore! Insomma faccio uso di tutte le arti per arricchirla sempre più. E quando il mio Amore, offeso dalle creature, non trova dove rifugiarsi, dove mettersi al sicuro, e sta per prendere la via della volta dei Cieli, allora mi rifugio nell’anima che contiene la mia Volontà, e trovo in lei la mia potenza che mi difende, il mio Amore che mi ama, la mia pace che mi dà riposo. Insomma trovo ciò che voglio.
Quindi la mia Volontà congiunge insieme Cielo e terra, e da questa unità di volere scaturiscono tutti i beni possibili ed immaginabili. Sicchè l’anima che fa la mia Volontà, posso dire che è tutto per me, ed Io sono tutto per lei.»
Brano # 2. [94] Il brano seguente, datato del 31 maggio 1926, spiega la differenza che c’è tra l’anima che vive nel Divin Volere e quella che vive rassegnata. La prima è come il sole, l’altra invece è come la terra. La terra vive degli effetti del sole. In questo senso la terra dipende dal sole, mentre invece il sole non dipende dalla terra.
Luisa racconta: «Ero tutta immersa nella luce del Divin Volere, quando Gesù tutto tenerezza e tutto amore mi ha detto:
Gesù a Luisa Piccarreta: “Figlia mia, voglio farti conoscere ancora meglio la gran differenza che passa tra chi vive nel mio Volere nell’unità della sua Luce, e tra chi si rassegna e si sottopone alla mia Volontà.
Osserva: il sole sta nella volta dei cieli e spande i suoi raggi sulla superficie della terra. Sembra che tra terra e sole ci sia una specie d’accordo, il sole col toccare la terra e la terra col ricevere la luce ed il tocco del sole.
Ora la terra, col ricevere il tocco della luce, sotto-ponendosi al sole, riceve gli effetti che contiene la luce, e questi effetti trasmutano la sua faccia, la fanno rinverdire, fiorire, le sviluppano le piante, le maturano i suoi frutti, ed operano tante altre meraviglie che abbelliscono il creato.
Ora il sole, col dare i suoi effetti, non dà la sua luce, anzi, quasi geloso, ne conserva la sua unità. Gli effetti poi non sono duraturi, e perciò si vede la povera terra ora tutta fiorita, ora tutta spoglia. Ad ogni stagione si cambia, subisce mutazioni.
Se il sole desse alla terra effetti e luce, la terra si cambierebbe in sole e non avrebbe più bisogno di mendicare gli effetti perchè, contenendo in sè la luce, diverrebbe padrona della sorgente degli effetti che il sole contiene.
Ora tale è l’anima che si rassegna e si sottopone alla mia Volontà: vive degli effetti che ci sono in essa, e non possedendo la luce non possiede la sorgente degli effetti che nel sole dell’Eterno Volere ci sono, e perciò si vede quasi come terra, ora ricca di virtù, ora povera, e si muta ad ogni circostanza.
Se poi non è rassegnata e sottoposta alla mia Volontà, allora si rassomiglia alla terra che non si volesse far toccare dalla luce del sole, e quindi squallida e senza un filo d’erba.
Tale restò Adamo dopo il peccato: perdette l’unità della luce e quindi la sorgente dei beni ed effetti che il sole della mia Volontà contiene; non sentì più in se stesso la pienezza del Sole divino, non vide più in lui quell’unità della luce che il suo Creatore aveva fissato nel fondo dell’anima sua per cui comunicandogli la sua somiglianza faceva di lui una sua copia fedele.
Prima di peccare, possedendo la sorgente dell’unità della luce della Volontà del suo Creatore, ogni suo piccolo atto era un raggio di luce, che invadendo la Creazione tutta andava a fissarsi nel centro del suo Creatore portandogli l’amore ed il contraccambio di tutto ciò che era stato fatto per lui in tutta la Creazione.
Era lui che armonizzava tutto ciò che era stato fatto per lui in tutta la Creazione. Era lui che armonizzava tutto e formava la nota d’accordo tra il cielo e la terra.
Ma come si sottrasse dalla mia Volontà, non più i suoi atti come raggi invadevano cielo e terra, ma si restrinsero quasi come piante e fiori nel piccolo circuito della sua natura umana. Sicchè perdendo l’armonia con tutta la Creazione, diventò la nota scordante di tutto il Creato. Oh, come scese nel basso e pianse amaramente l’unità della luce perduta, che elevandolo sopra tutte le cose create faceva di lui il piccolo Dio della terra!
Ora, figlia mia, da quello che ti ho detto puoi ben comprendere che il vivere nella mia Volontà è possedere la sorgente dell’unità della luce del mio Volere con tutta la pienezza degli effetti che in esso ci sono. Sicchè in ogni atto della creatura sorge la luce, l’amore, l’adorazione, ecc., che costituendosi atto per ogni atto, amore per ogni amore, come luce solare invadono tutto, armonizzano tutto, accentrano tutto in lei, che come fulgido raggio porta al suo Creatore il contraccambio di tutto ciò che ha fatto per tutte le creature è la vera nota d’accordo tra cielo e terra.
Vedi dunque che gran differenza passa tra chi possiede la sorgente dei beni che contiene il sole della mia Volontà, e tra chi vive degli effetti di Essa! È la medesima differenza che passa tra il sole e la terra: il sole possiede sempre la pienezza della luce e degli effetti, è sempre sfolgorante e maestoso nella volta dei cieli, nè ha bisogno della terra; e mentre tocca tutto, esso è intangibile, non si fa toccare da nessuno, e se qualcuno ardisse anche di fissarlo, colla sua luce esso lo eclissa, lo acceca e lo atterra.
La terra invece ha bisogno di tutto. Si fa toccare, spogliare, e se non fosse per la luce del sole e dei suoi effetti sarebbe come una tetra prigione, piena di squallida miseria. Perciò non c’è paragone che regga tra chi vive nella mia Volontà e chi si sottopone ad Essa.
L’unità della luce la possedette Adamo prima di peccare, ma poi non potè più recuperarla stando in vita. Di lui successe come alla terra, che girando intorno al sole, non essendo fissa, mentre gira la parte che si oppone al sole si trova nelle tenebre della notte. Ora per renderlo fermo di nuovo e così poter godere l’unità di questa luce, ci voleva un riparatore superiore a lui, ci voleva una forza divina per raddrizzarlo: ecco la necessità della Redenzione.
Solo la mia celeste Mamma possedette l’unità della luce del mio Divin Volere, e perciò più che sole può dare luce a tutti. Tra lei e la Maestà suprema non ci fu mai notte, nè ombra alcuna, ma sempre pieno giorno, e perciò in ogni istante quest’unità della luce del mio Volere faceva scorrere in lei tutta la vita divina, che le portava mari di luce, di gioie, di felicità, di cognizioni divine; mari di bellezza, di gloria, d’amore. E lei, come in trionfo, portava al suo Creatore tutti questi mari come suoi, per attestargli il suo amore, la sua adorazione. Possedeva tanto amore che, come connaturale, poteva amare per tutti, adorare e supplicare per tutti. I suoi più piccoli atti, fatti nell’unità di questa luce, erano superiori ai più grandi atti, ed a tutti gli atti insieme di tutte le creature. I sacrifici, le opere, l’amore di tutte le altre creature sono come quasi piccole fiammelle di fronte al sole, goccioline d’acqua di fronte al mare degli atti della Sovrana Regina.
Fu in virtù dell’unità di questa luce del Supremo Volere che in lei trionfò tutto, vinse il suo stesso Creatore e lo fece prigioniero nel suo materno seno. Ah, solo l’unità di questa luce del mio Volere poteva operare un tanto prodigio! Adamo col perdere questa unità della luce si capovolse e formò la notte del suo spirito, le debolezze, le passioni per sè, per le generazioni venture. La Vergine eccelsa invece, col non fare mai la sua volontà, formò in lei il giorno eterno, e fece spuntare il Sole di Giustizia per tutte le generazioni.
Se la Vergine Regina non avesse fatto altro che conservare nel fondo dell’anima sua immacolata l’unità della luce dell’eterno Volere, ciò sarebbe bastato per ridarci la gloria di tutti, gli atti di tutti, ed il contraccambio dell’amore di tutta la Creazione. La Divinità, per mezzo suo, in virtù della mia Volontà, si sentì ritornare le gioie e la felicità che aveva stabilito di ricevere per mezzo della Creazione. Perciò lei si può chiamare la Regina, la Madre, la Fondatrice, la base e lo specchio della mia Volontà, in cui tutti possono rimirarsi per ricevere da lei la vita di essa.
Infine, figlia mia, Adamo nello stato d’innocenza e la mia Mamma Celeste possedettero l’unità della luce della mia Volontà non per virtù propria, ma per virtù comunicata da Dio. Invece la mia umanità la possedette per virtù propria, perchè in essa non solo c’era l’unità della luce del Supremo Volere, ma anche il Verbo eterno; perciò superò in modo infinitamente perfetto tanto Adamo innocente, quanto la stessa Madre mia, perchè in loro era grazia, in Me era natura. Loro dovevano attingere da Dio la luce, la grazia, la potenza, la bellezza, in Me c’era la fonte che faceva sorgere la luce, la bellezza, la grazia, ecc.
Perciò, figlia mia, sii attenta. Il tuo Gesù tiene la fonte di tutti i beni, fonte che sempre sorge per sempre comunicarteli: perciò ho tanta premura di farti conoscere la lunga storia della mia suprema Volontà, e numerarti i grandi prodigi che essa contiene”.»
Brano # 3. [95] Nel brano che segue, datato del 9 aprile 1926, Gesù spiega la differenza che c’è tra la Volontà di Dio, divina in tutto, e le nostre virtù.
Luisa racconta: «Stavo pensando e ragionavo tra me: il mio dolce Gesù mi ha manifestato tante verità grandi, mirabili, altissime, meravigliose circa la Volontà di Dio; eppure a me sembra che le creature non hanno un concetto esatto di essa, nè provano impressione alcuna delle meraviglie che in Essa ci sono, anzi, sembra che la mettano a pari delle virtù, e forse ci tengono più a queste che alla santissima Volontà di Dio.
Mentre così ragionavo, il mio amabile Gesù, tutto tenerezza, ha detto: »
Gesù a Luisa Piccarreta: «Figlia mia, vuoi sapere il perchè? Le virtù che si praticano sulla terra di rado escludono fini umani, stima propria, propria gloria, amore di comparire e di piacere a persone, e in ciò la volontà umana guadagna sempre qualche cosa. Invece quando si fa la mia Volontà, questa, la prima cosa che atterra è l’umano volere e non tollera nessun fine umano.
Essa è di Cielo e vuol mettere nell’anima ciò che è divino ed al Cielo appartiene, sicchè il proprio io resta digiuno e si sente morire. In una parola, la mia Volontà vuole il suo Cielo nel fondo dell’anima, altrimenti resterebbe inceppata e non potrebbe svolgere la sua vita divina.
Quindi, grande è la differenza che passa tra le virtù e la mia Volontà, tra la santità dell’una e dell’altra.
Le virtù possono essere delle creature, e possono formare al più una santità umana, la mia Volontà è di Dio e perciò forma una santità tutta divina. Vedi dunque che gran differenza.
Siccome le creature sono abituate a guardare nel basso, loro fanno più impressione le piccole lucerne delle virtù, che il gran sole della mia Volontà.
Osserva per poco l’azione che il sole esercita sulla terra quando esso sorge; tutte le cose cambiano aspetto: le piante sembrano inargentate ed imperlate, i fiori ricevono la vita del proprio profumo e del diverso colore a seconda della diversità di essi; sembra che tutte le piante ricevano a sorsi a sorsi la vita della luce del sole per svilupparsi e formarsi.
Eppure una è la luce, uno il calore, null’altro si vede. Ma donde scaturiscono tanti diversi effetti e tante varie tinte che riceve la natura?
Tutti dal sole, perchè il sole tiene il germe della fecondità, il germe della sostanza di tutti i colori nella sua luce e nel suo calore.
Non si può dare una cosa se non si possiede.
Così il sole non avrebbe potuto dare nè la fecondità, nè la dolcezza ai frutti, nè il colorito ai fiori, nè operare tante meraviglie sulla terra se non contenesse in sè tutti gli effetti che produce.
Simbolo della mia Volontà è il sole.
Come sorge sull’anima, così la vivifica, la imperla di grazie, le dà le tinte più belle della santità divina, la trasforma in Dio.
Essa col dare nulla perde, come niente perde il sole col fare tanto bene alla terra, anzi resta glorificato nell’opera della creatura.
Il nostro Essere è sempre in perfetto equilibrio, nè cresce, nè può decrescere.
È come se al mare un vento investa la superficie e formi delle onde. Se queste straripano, il mare nulla perde, perchè come le acque straripano, così subito il mare torna allo stesso livello di prima.
Così succede tra Dio e l’anima. Questa è come un piccolo vento che forma le onde sul mare divino. Può prendere quant’acqua vuole, ma il nostro mare rimarrà sempre al suo livello, perchè la nostra natura non è soggetta a subire mutazioni. Perciò più prenderà, tanto più mi darà gusto, ed Io resterò glorificato in lei”.
Luisa racconta: «Dopo ciò stavo pensando che differenza passa dal farsi dominare dalla Volontà di Dio e farsi dominare dalla volontà umana. Mentre ciò consideravo, mi sembrava di vedere un uomo curvo la cui fronte toccava le ginocchia, coperto di un velo nero involto in una nebbia fitta che gli impediva di vedere la luce. Poveretto, sembrava ubriaco, e barcollando cadeva ora a destra, ora a sinistra. Veramente faceva pietà.
Ora mentre ciò vedevo, il mio dolce Gesù mi ha detto: »
Gesù a Luisa Piccarreta: «Figlia mia, quest’uomo è l’immagina di chi si fa dominare dalla propria volontà.
Il volere umano incurva tanto l’anima, che questa è costretta a guardare sempre la terra, per cui questa sola conosce ed ama.
Questa conoscenza e quest’amore poi formano una nebbia fitta e nera, che tutta la involge, le toglie la vista del cielo e la luce delle verità eterne.
In tal modo la ragione umana resta ubriaca delle cose della terra e quindi non ha il passo fermo, e barcolla a destra e a sinistra, involgendosi nelle tenebre fitte che la circondano.
Vedi dunque che non c’è sventura più grande per un’anima che farsi dominare dalla propria volontà!
Invece tutto il contrario avviene a chi si fa dominare dalla mia Volontà.
Il mio Volere fa crescere l’anima talmente dritta, che questa è impossibilitata a piegarsi verso terra. Essa guarda sempre al cielo, per cui non vede che luce, che eclissando e facendo scomparire tutte le cose della terra, le mostra soltanto ciò che è celeste, perciò altro non conosce ed ama che il Cielo e tutto ciò che al Cielo appartiene.
La mia Volontà le rende il passo fermo, quindi non c’è pericolo che possa barcollare menomamente. Con la (sua) luce con cui l’avvolge, le illumina la mente, che passa da una verità all’altra, scoprendole arcani divini, misteri ineffabili, gioie celesti.
È la più grande fortuna per un’anima il farsi dominare dalla mia Volontà. Allora essa tiene la supremazia di tutto, occupa il primo posto d’onore in tutta la creazione, e continuamente si porta al Padre celeste per ricantargli la sua gloria, il suo amore, i prodigi della sua eterna Volontà.
E il Padre, a sua volta, le comunica il suo Amore che in lei si riversa abbondantemente, i suoi mari di grazie, che continuamente straripano dal Seno divino, i primi baci, le carezze più amorose.
Solo a lei ci è dato di affidare i Nostri segreti, perchè essendo la più vicina a Noi, è sempre con Noi, la facciamo parte di tutte le cose Nostre.
Noi formiamo la sua vita, la sua felicità, perchè essendo la volontà sua una con la Nostra, e possedendo il nostro Volere, la nostra stessa felicità, non è meraviglia che possa dare anche a Noi gioie e felicità, e quindi ci felicitiamo a vicenda.
Figlia mia, la nostra Volontà contiene potenza creatrice, quindi crea nell’anima la forza, la grazia, la luce, onde l’anima sente in sè una forza divina, come se fosse sua, una grazia sufficiente per il bene che deve fare o per una pena che le tocca soffrire, una luce che le fa vedere il bene che connaturalmente fa. E così, allettata dalla bellezza dell’Opera divina che compie, gioisce e fa festa. Sì, le opere che compie la mia Volontà nell’anima hanno l’impronta della gioia e d’una festa perenne. Questa festa fu iniziata dal mio “Fiat” nella creazione, ma interrotta dalla rottura della volontà umana con quella di Dio; e come l’anima fa operare e dominare in sè il Supremo Volere, così la festa riprende il suo corso, e tra la creatura e Noi si ripristinano le gioie, gli amori, le delizie.
In Noi non esiste l’infelicità, nè il dolore. Come potevamo darlo alle creature? E se esse sentono l’infelicità è perchè lasciano (abbandonano) la Volontà divina e si chiudono nel piccolo campo della volontà umana. E solo quando ritornano nel Supremo Volere trovano le gioie, la felicità, la potenza, la forza, la luce, la bellezza del loro Creatore. Tutti questi beni poi, facendoli come cose proprie, sentono in loro una sostanza divina come connaturale, che giunge a dar loro gioie e felicità nello stesso dolore.
Nella volontà umana invece non c’è una potenza creatrice, per cui se essa volesse esercitare le virtù, non potrebbe creare la pazienza, l’umiltà, l’ubbidienza, ecc. Ecco perchè sente lo stento, la fatica per poter praticare le virtù; ed il motivo è perchè le manca la Forza divina per sostenerla, la Potenza creatrice per alimentarla e darle vita.
Di qui la sua incostanza, per cui passa con facilità dalle virtù ai vizi, dalla preghiera alla dissipazione, dalla Chiesa ai divertimenti, dalla pazienza all’impazienza. E tutto questo miscuglio di bene e di male produce l’infelicità nella creatura.
Invece chi fa regnare in sè la mia Volontà, sente la fermezza nel bene, sente che tutte le cose gli portano la felicità, la gioia, tanto più che tutte le cose da Noi create portano l’impronta, il germe della gioia e della felicità di Colui che le creò; perchè furono create da Noi per portare tutta la felicità all’uomo, avendo avuto ciascuna cosa creata il mandato da Noi di partecipare alla creatura la felicità, la gioia che posseggono.
Difatti qual gioia e felicità non porta la luce del sole? Qual piacere non porta alla vista il cielo azzurro, un prato fiorito, un mare che mormora? Qual gusto non porta al palato un frutto dolce e saporito, un’acqua freschissima, e tante altre cose?
Tutte le cose create, nel loro muto linguaggio dicono all’uomo: ti portiamo la felicità, la gioia del nostro Creatore.
Ma in chi trovano l’eco della gioia loro e della felicità loro? Solo in chi trovano regnante e dominante la mia Volontà, perchè essendo unica la volontà che regna integra in loro, che possiede lo stesso Dio e che regna nell’anima, comuni diventano i mari di gioie, di felicità e di contenti. Sicchè è una vera festa.
Perciò, figlia mia, ogni qualvolta ti fondi nella mia Volontà e fai il giro per (di) tutte le cose create per suggellarmi il tuo amore, la tua gloria, la tua adorazione su ciascuna cosa creata, mi sento rinnovare la gioia, la felicità, la gloria, come nell’atto quando mettemmo all’esistenza tutta la Creazione.
Tu non puoi capire la festa che ci fai quando vediamo che tu, con la tua piccolezza, volendo abbracciare tutto nella nostra Volontà, ci ricambi in amore, in gloria, per tutte le cose create. Allora è tanta la nostra gioia, che siamo tutti intenti a goderci la gioia, la festa che ci dai.
Il vivere nel supremo Volere è la cosa più grande per Noi e per l’anima, è lo sbocco del Creatore sulla creatura, perchè riversandosi su di essa le dà la sua forma, e le partecipa tutte le qualità divine, in modo che ci vediamo ripetere da lei le opere nostre, la gioia nostra, la nostra felicità. »
NOTE : 93] Passi Scelti sulla Divina Volontà; p. 60-62. In prima pagina si può leggere: “Pro manuscripto. A cura dell’Associazione del Divin Volere, Milano. Arimini, 6 febbraio 1971. Sac. Amedeo Polverelli Cens. Eccl. Imprimatur. In Curia Vesc. Arimini, die 6-2-1971. Can. Emilio Pasolini Vicario Generale”.